Cappuccetto Rosso

Little_Red_Riding_Hood_-_J._W._SmithIllustration de Jessie Willcox Smith, 1911.


Cappuccetto Rosso

Charles Perrault 1697
Traduzione dal francese di Carlo Collodi (1875)

C’era una volta in un villaggio una bambina, la più carina che si potesse mai vedere. La sua mamma n’era matta, e la sua nonna anche di più.

Quella buona donna di sua madre le aveva fatto fare un cappuccetto rosso, il quale le tornava così bene a viso, che la chiamavano dappertutto Cappuccetto Rosso.

Un giorno sua madre, avendo cavate di forno alcune stiacciate, le disse:

“Va’ un po’ a vedere come sta la tua nonna, perché mi hanno detto che era un po’ incomodata: e intanto portale questa stiacciata e questo vasetto di burro”.

Cappuccetto Rosso, senza farselo dire due volte, partì per andare dalla sua nonna, la quale stava in un altro villaggio. E passando per un bosco s’imbatté in quella buona lana del Lupo, il quale avrebbe avuto una gran voglia di mangiarsela; ma poi non ebbe il coraggio di farlo, a motivo di certi taglialegna che erano lì nella foresta.

Egli le domandò dove andava.

La povera bambina, che non sapeva quanto sia pericoloso fermarsi per dar retta al Lupo, gli disse:

“Vo’ a vedere la mia nonna e a portarle una stiacciata, con questo vasetto di burro, che le manda la mamma mia”.

“Sta molto lontana di qui?”, disse il Lupo.

“Oh, altro!”, disse Cappuccetto Rosso. “La sta laggiù, passato quel mulino, che si vede di qui, nella prima casa, al principio del villaggio.”

“Benissimo”, disse il Lupo, “voglio venire a vederla anch’io. Io piglierò da questa parte, e tu da quell’altra, e faremo a chi arriva più presto.”

Il Lupo si messe a correre per la sua strada, che era una scorciatoia, con quanta forza avea nelle gambe: e la bambina se ne andò per la sua strada, che era la più lunga, baloccandosi a cogliere le nocciuole, a dar dietro alle farfalle, e a fare dei mazzetti con tutti i fiorellini, che incontrava lungo la via.

Il Lupo in due salti arrivò a casa della nonna e bussò.

“Toc, toc.”

“Chi è?”

“Sono la vostra bambina, son Cappuccetto Rosso”, disse il Lupo, contraffacendone la voce, “e vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia.”

La buona nonna, che era a letto perché non si sentiva troppo bene, gli gridò:

“Tira la stanghetta, e la porta si aprirà”.

Il Lupo tirò la stanghetta, e la porta si aprì. Appena dentro, si gettò sulla buona donna e la divorò in men che non si dice, perché erano tre giorni che non s’era sdigiunato. Quindi rinchiuse la porta e andò a mettersi nel letto della nonna, aspettando che arrivasse Cappuccetto Rosso, che, di lì a poco, venne a picchiare alla porta.

“Toc, toc.”

“Chi è?”

Cappuccetto Rosso, che sentì il vocione grosso del Lupo, ebbe dapprincipio un po’ di paura; ma credendo che la sua nonna fosse infreddata rispose:

“Sono la vostra bambina, son Cappuccetto Rosso, che vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia”.

Il Lupo gridò di dentro, assottigliando un po’ la voce:

“Tira la stanghetta e la porta si aprirà.”

Cappuccetto Rosso tirò la stanghetta e la porta si aprì.

Il Lupo, vistala entrare, le disse, nascondendosi sotto le coperte:

“Posa la stiacciata e il vasetto di burro sulla madia e vieni a letto con me”.

Cappuccetto Rosso si spogliò ed entrò nel letto, dove ebbe una gran sorpresa nel vedere com’era fatta la sua nonna, quando era tutta spogliata. E cominciò a dire:

“O nonna mia, che braccia grandi che avete!”.

“Gli è per abbracciarti meglio, bambina mia.”

“O nonna mia, che gambe grandi che avete!”

“Gli è per correr meglio, bambina mia.”

“O nonna mia, che orecchie grandi che avete!”

“Gli è per sentirci meglio, bambina mia.”

“O nonna mia, che occhioni grandi che avete!”

“Gli è per vederci meglio, bambina mia.”

“O nonna mia, che denti grandi che avete!”

“Gli è per mangiarti meglio.”

E nel dir così, quel malanno di Lupo si gettò sul povero Cappuccetto Rosso, e ne fece un boccone.

La storia di Cappuccetto Rosso fa vedere ai giovinetti e alle giovinette, e segnatamente alle giovinette, che non bisogna mai fermarsi a discorrere per la strada con gente che non si conosce: perché dei lupi ce n’è dappertutto e di diverse specie, e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone garbate e piene di complimenti e di belle maniere.

 


Carl_Larsson_-_Little_Red_Riding_Hood_1881

Cappuccetto Rosso e il lupo in un dipinto di Carl Larsson (1881).


LE PETIT CHAPERON ROUGE

Charles Perrault 1697

Il estoit une fois une petite fille de village, la plus jolie qu’on eut sçû voir ; sa mere en estoit folle, et sa mere-grand plus folle encore. Cette bonne femme luy fit faire un petit chaperon rouge, qui lui seïoit si bien que partout on l’appelloit le petit Chaperon rouge.

Un jour, sa mere, ayant cui et fait des galettes, luy dit :

« Va voir comme se porte ta mere-grand, car on m’a dit qu’elle estoit malade. Porte-luy une galette et ce petit pot de beurre. »

Le petit Chaperon rouge partit aussi tost pour aller chez sa mere-grand, qui demeuroit dans un autre village. En passant dans un bois, elle rencontra compere le Loup, qui eut bien envie de la manger, mais il n’osa, à cause de quelques bucherons qui estoient dans la forest. Il luy demanda où elle alloit. La pauvre enfant, qui ne sçavoit pas qu’il estoit dangereux de s’arrester à écouter un loup, luy dit :

« Je vais voir ma mere-grand, et luy porter une galette avec un petit pot de beurre, que ma mere luy envoye.

— Demeure-t-elle bien loin ? lui dit le Loup.

— Oh ouy, dit le petit Chaperon rouge : c’est par delà le moulin que vous voyez tout là-bas, à la premiere maison du village.

— Et bien ! dit le Loup, je veux l’aller voir aussi ; je m’y en vais par ce chemin icy, et toy par ce chemin-là ; et nous verrons qui plûtost y sera. »

Le Loup se mit à courir de toute sa force par le chemin qui estoit le plus court, et la petite fille s’en alla par le chemin le plus long, s’amusant à cueillir des noisettes, à courir aprés des papillons, et à faire des bouquets des petites fleurs qu’elle rencontroit.

Le Loup ne fut pas long-temps à arriver à la maison de la mere-grand. Il heurte : toc, toc.

« Qui est là ?

— C’est vôtre fille, le petit Chaperon rouge (dit le Loup en contrefaisant sa voix), qui vous apporte une galette et un petit pot de beurre, que ma mere vous envoye. »

La bonne mere-grand, qui estoit dans son lit, à cause qu’elle se trouvoit un peu mal, luy cria :

« Tire la chevillette, la bobinette cherra. »

Le Loup tira la chevillette, et la porte s’ouvrit. Il se jetta sur la bonne femme, et la devora en moins de rien, car il y avoit plus de trois jours qu’il n’avoit mangé. Ensuite il ferma la porte, et s’alla coucher dans le lit de la mere-grand, en attendant le petit Chaperon rouge, qui, quelque temps aprés, vint heurter à la porte : toc, toc.

« Qui est là ? »

Le petit Chaperon rouge, qui entendit la grosse voix du Loup, eut peur d’abord, mais, croyant que sa mere-grand étoit enrhumée, répondit ;

« C’est vostre fille, le petit Chaperon rouge, qui vous apporte une galette et un petit pot de beurre, que ma mere vous envoye. »

Le Loup luy cria, en adoucissant un peu sa voix : « Tire la chevillette, la bobinette cherra »

Le petit Chaperon rouge tira la chevillette, et la porte s’ouvrit. Le Loup, la voyant entrer, luy dit en se cachant dans le lit, sous la couverture :

« Mets la galette et le petit pot de beurre sur la huche, et viens te coucher avec moy. »

Le petit Chaperon rouge se deshabille, et va se mettre dans le lit, où elle fut bien estonnée de voir comment sa mere-grand estoit faite en son deshabillé. Elle luy dit :

« Ma mere-grand, que vous avez de grands bras !

— C’est pour mieux t’embrasser, ma fille !

— Ma mere-grand, que vous avez de grandes jambes !

— C’est pour mieux courir, mon enfant !

— Ma mere-grand, que vous avez de grandes oreilles !

— C’est pour mieux écouter, mon enfant !

— Ma mere-grand, que vous avez de grands yeux !

— C’est pour mieux voir, mon enfant !

— Ma mere-grand, que vous avez de grandes dens !

— C’est pour te manger ! »

Et, en disant ces mots, ce méchant Loup se jetta sur le petit Chaperon rouge, et la mangea.

 

 

MORALITÉ

On voit icy que de jeunes enfans,
Sur tout de jeunes filles,
Belles, bien faites et gentilles,
Font tres-mal d’écouter toute sorte de gens,
Et que ce n’est pas chose étrange
S’il en est tant que le loup mange.
Je dis le loup, car tous les loups
Ne sont pas de la mesme sorte :
Il en est d’une humeur accorte,
Sans bruit, sans fiel et sans couroux,
Qui, privez, complaisans et doux,
Suivent les jeunes demoiselles
Jusque dans les maisons, jusque dans les ruelles.
Mais, hélas ! qui ne sçait que ces loups doucereux
De tous les loups sont les plus dangereux !

 


Roodkapje1


Carlo Perrault Berrettina rossa

(trad. di Yorick – P.C. Ferrigni)

C’era una volta una bambina di campagna; la più bella bambina che si potesse vedere. La mamma sua ne andava pazza; e la nonna più pazza che mai. La buona vecchia le fece fare una certa berrettina con un pezzo di roba rossa; e questa le tornava tanto bene a viso, che tutti finirono di chiamarla Berrettina rossa, di soprannome.
La mamma, un giorno, avendo cotto in forno delle focacce, chiamò la piccina e le disse:
– Arriva in un salto qui giù dalla nonna, informati come sta – che c’è chi mi ha raccontato che si sente poco bene – e portale in regalo questa focaccia e questo barattolo di burro.
Berrettina rossa infilò subito la via per correre dalla nonna, che stava di casa in un paesetto vicino. Strada facendo attraverso il bosco, le capita incontro Maestro Lupo; che solamente a vederla ebbe una gran voglia di farsene tutto un boccone; ma ci ripensò meglio per paura di certi spaccalegna, che girondolavano poco discosto. E allora la presa larga, il furfante, e incominciò a interrogare:
– O bimba … si può sapere dove vai? …
La povera figliuola, che ignorava affatto quanto è pericoloso fermarsi a dar chiacchiera a un lupo, rispose tutta garbata:
– Vado qui giù a trovare la nonna, per portarle una focaccia e un barattolo di burro che la mamma le manda a regalare.
– O brava, via! … disse il Lupo … Che sta lontano la nonna? …
– Eh! piuttosto lontanetto! rispose Berrettina rossa … Sta passato il mulino che vedete laggiù laggiù, dietro alla prima casa del paese.
– Sai un po’ com’è?… disse il Lupo … la voglio venire a trovare anch’io. Io piglio per di qua; tu pigli per di là; e s’ha da fare a chi arriva più presto.
Detto fatto: via il Lupo a gambe per la scorciatoia; mentre la bambina se ne andava passo passo per la strada lunga; e si divertiva a cogliere le corbezzole, a acchiappare le farfalle, e a fare i mazzettini coi fiori che trovava sulle siepi.
In un battibaleno il Lupo fu alla casa della vecchiarella e picchiò all’uscio:
– Tun …tun …
– Chi è?
– Son’io … rispose la bestiaccia contraffacendo la voce … Sono Berrettina rossa; e vengo da parte della mamma con una focaccia e un barattolo di burro per regalo.
La vecchina che stava a letto, giusto perché si sentiva così così, gridò senza muoversi:
– Tira a te la funicella, il cavicchio cascherà.
Il Lupo tirò la funicella e l’uscio si spalancò subito. In quattro e quattr’otto quel birbaccione saltò addosso alla povera vecchia e se la divorò, che non ce ne rimase minuzzolo, perché era digiuno da tre giorni. Poi richiuse la porta e insaccò nello stesso letto,, per aspettare Berrettina rossa; che di lì a poco arrivò anche lei, e si attaccò al battente.
– Tun … tun …
– Chi è?
Berrettina rossa a sentire la vociaccia del Lupo ebbe paura sulle prime … ma poi fece la riflessione che la nonna doveva essere infreddata; e rispose:
– Sono io, Berrettina rossa; con una focaccia e un barattolo di burro che la mamma manda a regalare.
Il Lupo gridò dal letto, facendo una vocina dolce dolce:
– Tira a te la funicella, il cavicchio cascherà
Subito Berrettina rossa tirò la funicella; il cavicchio andò giù, e l’uscio fu aperto: Vedendola entrare così vispa e carina, il Lupo si rannicchiò sotto le lenzuola per non farsi vedere, e disse:
– La focaccia e il burro mettili lì sulla madia; e vientene a letto con me.
Berrettina rossa ubbidiente si spogliò e infilò nel letto; dove rimase stupefatta a bocca aperta, nello scoprire com’era fatta la nonna senza vestiti! … E disse:
– O nonna mia! … Avete pure delle grandi braccia! …
– Sono per abbracciarti più stretta, bambina cara.
– O nonna mia! … Come son lunghe le vostre gambe!
– Sono per correr più presto, carina.
– O nonna mia! … Che orecchi enormi vi vedo! …
– Sono per ascoltar tutto, figliuola.
– O nonna mia! Che occhioni sgranati portate in fronte! …
– Sono per vedere ogni cosa, bimba bella.
– O nonna mia! Che denti grossi che avete! …
– Sono per mangiarti meglio …
E così dicendo: quello scellerato di Lupo si slanciò addosso a Berrettina rossa e se la mangiò.

MORALE

La novella dimostra chiaramente:
Che i fanciulli – e in ispecie le bambine,
Belle , vispe e carine –
Hanno torto a dar retta a ogni sorta di gente.
Così accade tuttora
Che il lupo tante e tante ne divora! …
State attente, ragazze …
Ci son dei lupi di tutte le razze! …
Ne conosco di quelli così discreti,
Docili, compiacenti, mansueti,
Che senza esprimer nulla;
Sperando pur di farla persuasa;
Dando la caccia a una bella fanciulla.
In piazza, alla finestra, in chiesa, in casa
E perfin nella camera da letto …
In lor non si riscontra alcun difetto;
Garbati in vista, onesti e grazïosi ….
Son quelli i lupi più pericolosi! … (Perrault C., Il libro delle fate, con quaranta disegni di Gustavo Doré, (trad. di Yorick – P.C. Ferrigni), dono agli Abbonati del “Corriere della Sera”, ed. fuori commercio, Milano, Tipografia del Corriere della Sera, 1891)


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Gustav Doré


De puella a lupellis seruata

Egbert of Liège’s

(59b) De puella a lupellis servata.
Quod refero mecum pagenses dicere norunt,
Et non tam mirum quam valde est credere verum:
Quidam suscepit sacro de fonte puellam,
Cui dedit et tunicam rubicundo • vellere textam.
Quinquagesima sancta fuit babtismatis hujus.
Sole sub exorto quinquennis facta puella
Progreditur vagabunda sui inmemor atque pericii.
Quam lupus invadens silvestria lustra petivit
Et catulis predam tulit atque reliquit edendam.
Qui simul aggressi, cum jam lacerare nequirent,
Ceperunt mulcere caput feritate remota.
«Hane tunicam, mures, nolite’ infantula dixit,
‘Scindere, quam dedit excipiens de fonte patrinus’.
Mitigat inmites animos deus auctor eorum.

 

(59b) Della ragazza salvata dai lupetti.
Quello che riferisco i paesani lo sanno dire,
Ed è non tanto mirabile quanto molto credibile:
Un certo uomo accolse una ragazza al sacro fonte battesimale,
E le diede una tunica tessuta con lana rossastra.
Il cinquantesimo giorno sacro fu il battesimo di questa.
Sotto il sole nascente, la ragazza divenuta di cinque anni
Si avventura vagabonda, dimentica di sé e del pericolo.
Un lupo la attacca, la porta nei suoi covi selvaggi
E la offre ai suoi cuccioli come preda da mangiare.
Essi, avvicinandosi insieme, quando non riuscirono a lacerarla,
Cominciarono a carezzarle la testa, abbandonata la ferocia.
«Non strappate questa tunica, topolini,» disse la piccola,
«Che mi ha dato il padrino che mi ha battezzata».
Dio, il loro creatore, ammorbidisce gli animi feroci.

 


Le_petit_chaperon_rouge

 

Le Petit Chaperon rouge

Illustration d’Albert Anker (1883).


Cappuccetto Rosso

Jakob e Wilhelm Grimm
(trad. di Tommaso Landolfi)

C’era una volta una piccola, dolce bimba di campagna, e l’aveva cara ciascuno che solo la vedesse, ma sopra tutti sua nonna, la quale non sapeva che cosa regalarle. Un giorno le regalò un cappuccetto di velluto rosso, e poiché le stava a pennello ed essa non volle più portare nient’altro, la chiamarono soltanto Cappuccetto Rosso.
Una volta la mamma le disse: “Guarda, Cappuccetto Rosso, c’è qui un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino, portali alla nonna; essa è malata e debole e questa roba le farà bene. Avviati prima che faccia troppo caldo, e quando sarai fuori, cammina seria e perbenino e non correre fuori della strada, sennò caschi e rompi la bottiglia e la nonna non avrà nulla. E quando entrerai nella sua stanza, non dimenticare di dir buongiorno, e non andar ficcando il naso in tutti gli angoli”.
“Farò tutto perbene” disse Cappuccetto Rosso, e diede la mano in segno di promessa.
Ma la nonna abitava lontano nel bosco, a una mezz’ora dal villaggio. Appena giunta Cappuccetto Rosso nel bosco, s’imbatté nel Lupo. Cappuccetto Rosso però non sapeva che cattivo animale era quello, e non ebbe paura.
“Buongiorno, Cappuccetto Rosso” disse lui.
“Tante grazie, Lupo”.
“Dove si va così di buonora, Cappuccetto Rosso?”
“Dalla nonna”.
“E che porti sotto il grembiule?”
“Focaccia e vino: ieri abbiamo infornato, e alla nonna malata e debole farà un po’ bene e le darà forza”.
“Cappuccetto Rosso, dove sta la nonna?”
“Ancora un quarto d’ora buono più in là nel bosco, sotto le tre grandi querce, là è la sua casa, e più sotto c’è la macchia di noci, sai dov’è” disse Cappuccetto Rosso.
Il Lupo pensò: “La piccola creatura tenerella è un bocconcino succulento e deve essere anche più buona della vecchia: devi inventare qualche trucco da papparle tutte e due”.
Egli allora camminò un tratto con Cappuccetto Rosso, e poi disse: “Cappuccetto Rosso, ma vedi quanti bei fiori ci sono da tutte le parti, perché non ti guardi intorno? Scommetto che non senti neppure gli uccellini che cantano cosi piacevolmente: Tu te ne vai per conto tuo come andassi a scuola, e invece è tanto allegro là nel bosco”.
Cappuccetto Rosso spalancò gli occhi, e quando vide i raggi del sole danzare qua e là fra gli alberi e che c’era un pieno di bei fiori, pensò: “Se porto alla nonna insieme al resto un mazzo di fiori freschi, anche questo le farà piacere; è tanto presto che arriverò sempre in tempo”, e corse via dalla strada nel bosco e si diede a cercar fiori. E quando ne aveva colto uno, s’accorgeva che più in là ce n’era un altro più bello e vi correva, e così s’addentrava sempre più nel bosco.
Ma il Lupo se n’andò di filato alla casa della nonna e picchiò all’uscio.
“Chi è”
“Cappuccetto Rosso che porta focaccia e vino, apri”.
“Pigia il nottolino” disse la nonna. “Io son troppo debole e non posso levarmi”.
Il Lupo pigiò il nottolino, la porta s’aprì ed egli andò, senza dire una parola, diritto al letto della nonna e la divorò. Poi si mise la sua veste, e in capo la sua cuffia, si pose nel letto e tirò le cortine.
Nel frattempo Cappuccetto Rosso era andato correndo in cerca dei fiori, e quando ne ebbe raccolti tanti che non poteva portarne più, si rammentò della nonna e si diresse da lei. Restò meravigliata al vedere che l’uscio era aperto, e quando entrò nella stanza, tutto le apparve così strano che pensò: “Ahi mio Dio, come ho paura oggi, eppure dalla nonna ci sono sempre stata tanto volentieri!”
Ella disse: “Buongiorno”, ma non ebbe risposta.
S’avvicinò allora al letto e scostò le cortine. La nonna giaceva là, e s’era rincalzata la cuffia fin sulla faccia e aveva un aspetto tanto strano.
“Ahi nonna, che orecchie grosse che hai!”
“E’ per udirti meglio”.
“Ahi nonna, che occhi grandi che hai!”.
“E’ per vederti meglio”.
“Ahi nonna, che mani grosse che hai!”.
“E’ per afferrarti meglio”.
“Ma, nonna, che bocca terribilmente grande che hai!”.
“E’ per mangiarti meglio”.
Aveva il Lupo appena detto questo, che fece un gran salto dal letto e divorò la povera Cappuccetto Rosso.
Dopo aver calmato il suo appetito, il Lupo si rimise a letto, s’addormentò e cominciò a stronfiare fieramente. Il Cacciatore passava in quel punto davanti alla e pensò: “Come ronfa la vecchia! Devo andare a vedere se le serve qualcosa”.
Entrò allora nella stanza e quando fu davanti al letto vide che dentro c’era il Lupo.
“Ah, ti trovo, vecchio peccatore,” diss’egli “t’ho cercato per tanto tempo”. E stava per puntare il suo schioppo, ma gli sovvenne che il Lupo poteva aver mangiato la nonna, ed era possibile ancora salvarla: perciò non sparò, ma prese un paio di forbici e cominciò a tagliare la pancia del Lupo che dormiva.
Dopo qualche forbiciata, vide brillare il cappuccetto rosso, e dopo qualche altra forbiciata ecco che la bimba saltò fuori e disse: “Ah, come avevo paura, come c’era buio nella pancia del Lupo!”. E poi venne fuori la vecchia nonna ancora viva e appena poteva respirare.
Cappuccetto Rosso andò allora in fretta a prendere delle grosse pietre, di cui riempirono la pancia del Lupo, e quando egli si svegliò volle saltar via, ma le pietre erano così pesanti che subito cadde a terra morto.
Allora furono tutti e tre contenti: il Cacciatore tolse al Lupo la pelliccia e se ne andò con quella a casa, la nonna mangiò la focaccia e bevve il vino che aveva portato Cappuccetto Rosso e si ristabilì, e Cappuccetto Rosso pensò: “Per tutta la tua vita non correrai più da sola fuor della strada nel bosco quando la mamma te l’ha proibito”:

Si racconta anche che una volta, mentre Cappuccetto Rosso portava di nuovo focacce alla vecchia nonna, un altro lupo le rivolgesse la parola e volesse sviarla dalla strada. Ma Cappuccetto Rosso stava in guardia e proseguì diritta per la sua via e raccontò alla nonna che s’era imbattuta nel Lupo, il quale le aveva augurato il buongiorno, ma l’aveva guardata con occhi tanto cattivi: “E se non s’era su una strada aperta m’avrebbe divorata”.
“Vieni,” disse la nonna “e chiuderemo la porta perché non possa entrare”.
Di lì a poco il Lupo picchiò e disse: “Apri, nonna, sono Cappuccetto Rosso, ti porto le focacce”.
Ma esse rimasero zitte e non aprirono la porta: allora quel capobigio girò parecchie volte quatto quatto attorno alla casa, saltò in ultimo sul tetto e voleva aspettare che Cappuccetto Rosso, la sera, se n’andasse, poiché nell’oscurità l’avrebbe gattonata e divorata. Ma la nonna intese ciò che aveva in animo. C’era davanti alla casa un grande truogolo di pietra, ed ella disse alla bimba: “Prendi la secchia, Cappuccetto Rosso, ieri ho fatto le salsicce, tu porta l’acqua in cui sono state cotte nel truogolo”: Cappuccetto Rosso portò tanta acqua finché il truogolo, ch’era grande grande, fu tutto pieno. L’odore di salsiccia salì allora fino al naso del Lupo, il quale fiutò e guardò giù, e alla fine allungò tanto il collo, che non si poté più reggere e cominciò a sdrucciolare: cosicché cadde giù dal tetto giusto dentro al grande truogolo e annegò. E Cappuccetto Rosso tornò a casa allegra e contenta e nessuno le fece nulla di male. (Grimm J. e W., Fiabe. Cappuccetto Rosso, trad. di Tommaso Landolfi, Milano, Adelphi)

 


La finta nonna

(a cura di Italo Calvino)
(Abruzzo)

Una mamma doveva setacciare la farina. Mandò la sua bambina dalla nonna, perché le prestasse il setaccio. La bambina preparò il panierino con la merenda: ciambelle e pan coll’olio; e si mise in strada.
Arrivò al fiume Giordano.
– Fiume Giordano, mi fai passare?
– Sì, se mi dài le tue ciambelle.
Il fiume Giordano era ghiotto di ciambelle che si divertiva a far girare nei suoi mulinelli.
La bambina buttò le ciambelle nel fiume, e il fiume abbassò le acque e la fece passare.
La bambina arrivò alla Porta Rastrello.
– Porta Rastrello, mi fai passare?
– Sì se mi dài il tuo pan coll’olio.
– La Porta Rastrello era ghiotta di pan coll’olio perché aveva i cardini arrugginiti e il pan coll’olio glieli ungeva.
La bambina diede il pan coll’olio alla porta e la porta si aperse e la lasciò passare.
Arrivò alla casa della nonna, ma l’uscio era chiuso.
– Nonna, nonna, vienimi ad aprire.
– Sono a letto malata. Entra dalla finestra.
– Non ci arrivo.
– Entra dalla gattaiola
– Non ci passo.
– Allora aspetta -. Calò una fune e la tirò su dalla finestra. La stanza era buia. A letto c’era l’Orca, non la nonna, perché la nonna se l’era mangiata l’Orca, tutta intera dalla testa ai piedi, tranne i denti che li aveva messi a cuocere in un pentolino, e le orecchie le aveva messe a friggere in una padella.
– Nonna, la mamma vuole il setaccio
– Ora è tardi. Te lo darò domani. Vieni a letto.
– Nonna ho fame, prima voglio la cena.
– Mangia i fagioletti che cuociono nel pentolino.
Nel pentolino c’erano i denti: La bambina rimestò col cucchiaio e disse: – Nonna, sono troppo duri.
– Allora mangia le frittelle che sono nella padella.
– Nella padella c’erano le orecchie. La bambina le toccò con la forchetta e disse: – Nonna, non sono croccanti.
– Allora vieni a letto. Mangerai domani.
– La bambina entrò in letto, vicino alla nonna. Le toccò una mano e disse:
– Perché hai le mani così pelose, nonna?
– Per i troppi anelli che portavo alle dita.
Le toccò il petto. – Perché hai il petto così peloso, nonna?
– Per le troppe collane che portavo al collo.
Le toccò i fianchi. – Perché hai i fianchi così pelosi, nonna?
– Perché portavo il busto troppo stretto.
Le toccò la coda e pensò che, pelosa o non pelosa, la nonna di coda non ne aveva mai avuta. Quella doveva essere l’Orca, non la nonna. Allora disse. – Nonna, non posso addormentarmi se prima non vado a fare un bisognino.
La nonna disse: – Va’ a farlo nella stalla, ti calo io per la botola e poi ti tiro su.
La legò con la fune, e la calò nella stalla. La bambina appena fu giù si slegò, e alla fune legò una capra.
– Hai finito? – disse la nonna
– Aspetta un momentino -. Finì di legare la capra. –Ecco, ho finito, tirami su.
L’Orca tira, tira e la bambina si mette a gridare: – Orca pelosa! Orca pelosa! – Apre la stalla e scappa via. L’Orca tira e viene su la capra. Salta dal letto e corre dietro alla bambina.
Alla Porta Rastrello, l’Orca gridò da lontano: – Porta Rastrello, non farla passare!
Ma la Porta Rastrello disse. – Sì, che la faccio passare, perché m’ha dato il pan coll’olio.
Al fiume Giordano l’Orca gridò: – Fiume Giordano, non farla passare!
Ma il fiume Giordano disse: – Sì che la faccio passare, perché m’ha dato le ciambelle.
Quando l’Orca volle passare, il fiume Giordano non abbassò le sue acque e l’Orca fu trascinata via. Sulla riva la bambina le faceva sberleffi. (Calvino I., Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino, Torino, Einaudi 19748, vol. II)


James Thurber Cappuccetto Rosso nel XX secolo

Jakob e Wilhelm Grimm

Un lupo aspettava un giorno nel folto della foresta il passaggio d’una fanciulla che doveva portare un cestello di provviste alla nonna.
Finalmente la fanciulla arrivò: portava la cesta dei commestibili.
“Porti quel canestro alla tua nonna?”, domandò il lupo.
La fanciulla rispose di sì, che lo portava alla nonna.
Allora il lupo le chiese dove abitava la nonna; la fanciulla glielo disse, e quello scomparve nel bosco.
Quando la fanciulla aprii la porta della capanna vide che qualcuno stava nel letto, qualcuno con un berretto da notte.
Ma non s’era avvicinata più di tre metri al letto e già s’accorgeva che non si trattava della nonna, censì del lupo; giacché un lupo, anche se si mette il berretto da notte, non assomiglia a una nonna più di quanto il leone dei film della Metro Goldwyn assomigli al Presidente della Repubblica.
Allora la fanciulla trasse una pistola automatica dal cestello e freddò il lupo.

MORALE

Darla ad intendere a una fanciulla,
come si faceva una volta,
non è cosa facile al giorno d’oggi.

(Thurber J., La notte degli spiriti e altri racconti, Corbaccio)

 

 



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